TECA 2
STUCCHI – AFFRESCHI – MARMI
Lo stucco è costituito da un impasto di gesso o marmo tritato finissimo, con calce e pozzolana. Si lavora spesso a umido impastandolo, modellandolo con l’aiuto di stampi oppure a mano libera e infine steso il colore.
In tal modo si ottengono decorazioni a bassorilievi che fin dall’antichità ebbero largo impiego nelle architetture, sia all’interno che all’esterno, per le volte, i soffitti e le pareti.
Dei frammenti rinvenuti nella villa di Rufione, alcuni dipinti di rosso, giallo e azzurro, riprendono le decorazioni che si trovano negli affreschi con linee ornamentali di palmette, ovoli e dentelli (1, 2, 3), busti (4), mentre altri sono stati utilizzati per abbellire elementi strutturali come trabeazioni o colonne. Una voluta in stucco bianco (5) ornava un capitello corinzio e un “dentello” faceva parte della trabeazione (6).
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GLI AFFRESCHI
L’affresco è un’antichissima tecnica pittorica che si realizza dipingendo con pigmenti generalmente di origine minerale stemperati in acqua su intonaco fresco.
Una volta che nell’intonaco si sia completato il processo di carbonatazione, il colore ne sarà completamente inglobato, acquistando così particolare resistenza all’acqua e al tempo.
Sia Vitruvio che Plinio il Vecchio trattano nelle loro opere della preparazione dei diversi strati di intonaco su cui si stendeva la pittura (tectorium).
Sul muro veniva applicato un arriccio di malta mista a calce, sul quale si applicava un sottile strato di intonaco. La regola esigeva la stratificazione di ben sette livelli, anche se solo in casi rarissimi era rispettata alla lettera.
L’ultimo strato veniva steso nel momento stesso in cui si decideva di eseguire l’affresco e doveva rimanere umido per tutta l’operazione decorativa, che poteva svolgersi anche in più giornate. I soggetti raffigurati potevano essere molteplici e variarono a seconda del gusto del momento. Nel nostro caso si tratta di elementi decorativi (palmette, onde, volute…) che ripartivano la parete sia orizzontalmente che verticalmente, ma non mancano oggetti di uso quotidiano, animali, o raffigurazioni umane.
Alcuni dei colori usati erano talmente preziosi che venivano direttamente forniti dal committente ed erano: l’Armenium e l’Indicum, utilizzati per rendere gli azzurri; la chriscolla per il verde; il minium e il cinnabris, mescolati ad altri colori, per ottenere il “rosso pompeiano”.
Negli affreschi dell’antichità vengono distinti “quattro stili pompeiani”. I stile (ca 200-100 a.C.): uso abbondante dello stucco a rilievo e colorato, imita le murature in blocchi di marmo policromi dei palazzi ellenistici. II stile (ca 100-30 a.C.): prevalenza del figurato nel segno dell’illusione prospettica. III stile (ca 30 a.C. – 50 d.C.): profonde differenze nella concezione dello spazio. IV stile (ca 50-79 d.C.): libertà espressiva con cui si rielaborano gli stili precedenti.
Nella villa di Rufione prevalgono gli affreschi di III e IV stile, con sfondamenti prospettici, finte finestre, ecc.
Si possono notare un viso femminile con capelli rossi (7), un corpo maschile che regge un’asta nella mano sinistra (8), un flamen (sacerdote) (9), parte di un corpo femminile con tunica gialla e braccio sinistro piegato sul ventre (10), uno scudo da legionario (11).
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I MARMI
Una grande quantità di marmi sono stati rinvenuti nel sito di Giano dell’Umbria rivelando una ricca committenza. Lastre di marmo che rivestivano pavimenti e pareti fino ad una altezza di circa 1 metro. Il marmo colorato proviene dalle cave di tutto il bacino del mediterraneo.
Il marmo cipollino (12) veniva estratto in numerose cave situate sulla costa sud-occidentale dell’isola di Eubea, in Grecia, tra le attuali città di Styra e Karystos. Alcune di queste cave antiche conservano fronti di estrazione lunghi oltre 100 metri. Importato a Roma dal I secolo a.C., venne utilizzato fino al tardo V secolo, in età bizantina.
Il marmo africano (13) si diffuse rapidamente a Roma e venne utilizzato per lastre di rivestimento pavimentali e parietali, vasche e colonne.
La varietà bigia (14) veniva estratta in cave situate presso la città antica di Teos, vicino a Smirne, in Turchia.
Detto anche marmo della Numidia, il marmo giallo antico (15) veniva estratto in cave situate presso la città antica di Simitthus in Tunisia. Le cave divennero ben presto di proprietà imperiale e questa varietà di marmo venne largamente utilizzata per fusti di colonna e rivestimenti parietali e pavimentali negli edifici pubblici delle città più vicine alla costa mediterranea.
Il marmo pavonazzetto (16) è un tipo di marmo bianco con venature di colore violaceo scuro, come nella coda del pavone. E’ chiamato anche frigio, per la sua provenienza dall’omonima regione dell’Asia Minore in Turchia. Il pavonazzetto fu uno dei marmi colorati più apprezzati e diffusi nella Roma antica; veniva usato per pavimenti, colonne e ornamenti sia per colonne sia per statue come, per esempio, nel Foro di Traiano.
Il Portasanta (17) fu uno dei marmi più usati a Roma. Si estraeva nell’isola greca di Chios in Grecia. Oggi è denominato “portasanta” poiché è stato riutilizzato negli stipiti della Porta Santa di san Pietro in Vaticano. Fu estratto in grandi quantità e impiegato a Roma dal II secolo a.C..