TECA 3
CERAMICA – LUCERNE – LITICA

La ceramica rinvenuta nello scavo appartiene perlopiù al I e II secolo d.C. per questo motivo prevale la cosiddetta ceramica aretina o sigillata italica. Di questa, varie sono le forme e molte conservano il planta pedis o il cartiglio rettangolare sul fondo che ne nomina il fabbricante. In discreta quantità è presente anche la ceramica africana.

CERAMICA AFRICANA

A partire dall’età Flavia (fine I secolo d.C.), e nel corso del II secolo d.C., le fabbriche di sigillata italica dovettero far fronte ad un graduale calo di produzione, a favore delle fabbriche delle province nord-africane. La ceramica qui prodotta, detta “terra sigillata chiara” o “africana”, si caratterizza per il suo colore rosso arancio o rosso bruno e per l’assenza di decorazioni con stampi a matrice. La produzione africana durò fino al VII secolo d.C. (1, 2, 3, 4).

 

CERAMICA A PARETI SOTTILI

Con la definizione di “ceramica a pareti sottili” si indica una categoria che rientra nel gruppo del vasellame fine da mensa, e che presenta due fondamentali caratteristiche: la prima consiste nell’estrema sottigliezza delle pareti, la seconda nella funzione che accomunava i prodotti che fanno riferimento a questa tipologia. Si tratta essenzialmente di vasi potori, ossia vasi per bere, bicchieri, tazze e coppe cui occorre aggiungere alcune forme chiuse assai rare, destinate a conservare o a versare liquidi (5, 6, 7, 8, 9, 10, 11).

CERAMICA ITALICA O ARETINA

Con il termine “terra sigillata” viene indicata una classe di ceramica fine da mensa rivestita da una vernice rossa brillante, prodotta in tutto il mondo romano dalla tarda età repubblicana (metà I secolo a.C.) fino al II secolo d.C., quando verrà gradualmente sostituita dalla “terra sigillata africana”. Per lo studio del mondo romano, tale classe ceramica risulta di grande importanza in quanto sul vasellame è frequentemente riportato un marchio di fabbrica (bollo di produzione): questa peculiarità, permettendo di risalire all’origine della filiera produttiva, fornisce indicazioni spesso dettagliate sugli aspetti economici e commerciali del mondo antico (12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19).

 

CERAMICA A VERNICE NERA

Il periodo che va dal IV al I sec. a.C. è la grande epoca della vernice nera. E’ una classe ceramica che nasce come imitazione della ceramica a vernice nera attica, diffusasi in tutto il bacino del Mediterraneo fino alla sua graduale scomparsa e sostituita dalla ceramica sigillata. Le caratteristiche funzionali ed estetiche della ceramica a vernice nera sono il colore nero brillante, talvolta con riflessi iridescenti che la fanno assomigliare ad un materiale metallico e l’impermeabilità che la rende adatta a contenere cibi e liquidi (24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31).

 

CERAMICA COMUNE

Per convenzione si distingue, nella studio della ceramica, tra la “ceramica fine da mensa” e la “ceramica comune”. Con quest’ultima formula si è soliti definire una categoria ceramica che abbraccia varie tipologie, caratterizzata dalla prevalenza dell’aspetto funzionale su quello estetico: si tratta cioè di una ceramica d’uso quotidiano (40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47).

 

LE LUCERNE

L’analisi tipologica delle lucerne, strumento fondamentale dell’illuminazione domestica nel mondo antico, si basa sullo studio delle caratteristiche degli elementi fondamentali di questo tipo di oggetti, che sono il serbatoio, destinato a contenere l’olio, provvisto di un disco con foro di alimentazione, e il becco, dal quale, tramite uno stoppino, usciva la fiamma.

Sono prodotte a stampo e il disco veniva spesso decorato; nel nostro caso possiamo osservare gli indumenti di un gladiatore (schinieri, gladio, elmo, ecc.) (20), scene campestri (21), con ansa (22), aperte (23).

PESI DA TELAIO

I pesi da telaio venivano realizzati con grande varietà di materiali: pietra, argilla cruda, terracotta, bronzo, ossidiana. I più comuni avevano forma cilindrica o a tronco di piramide a base quadrata, anche se rozzi o non ben rifiniti avevano un foro ad un’estremità per legarvi i fili. Pesavano da decine di grammi a qualche etto, probabilmente in relazione alla dimensione del filo usato (32).

Oggetti tipici del lavoro femminile sono un ago crinale in osso (33) e un rocchetto (34).

ANFORE

Le anfore sono contenitori destinati al trasporto delle merci, pensati essenzialmente per essere stivati nelle navi. Esse contenevano soprattutto prodotti liquidi o semiliquidi: vino, olio, garum (salsa di pesce), ma potevano trasportare anche merci solide: olive, frutta e forse anche granaglie.

Nella villa di Rufione prevalgono anfore “Dressel 2-4” (35) e anfore “Ostia II-III” o cosiddette “Spello” (36), ma molte sono i tipi ritrovati (37, 38, 39).

 

SELCI LAVORATE

La lavorazione della selce si ottiene tramite un percussore duro così da ottenere delle schegge o delle lame taglienti che poi opportunamente lavorate (ritocco), si trasformano in strumenti per la caccia o per l’agricoltura.

Le tecniche di lavorazione erano a percussione diretta, con un’altra pietra usata come martello e a percussione indiretta tramite altro elemento in pietra o corno.

Tre sono le punte di freccia peduncolata e ad alette in selce, dai colori che vanno dal grigio cenere al sabbia e al mogano con lavorazione bifacciale e ritocco foliato. L’ambito culturale appartiene probabilmente all’età del bronzo antico (neolitico) e la cronologia è compresa tra il 2200 e il 1600 a.C. (48, 49, 50), segue una riproduzione di un pugnale (51).

DOLIO

I dolia sono grandi recipienti, usati per contenere derrate alimentari liquide come il vino e l’olio, ma anche grano o legumi da trasportare e poi conservare nei magazzini.

La forma del dolio generalmente è globulare, con una base abbastanza ampia, sull’orlo era spesso segnata in cifre la sua capacità (52).