



MUSEO
Il Museo di Montecchio, MAPEM (Museo Archeologico Paleontologico Etnografico dei monti Martani) ha sede in un palazzo trecentesco restaurato nel 2013. Il cuore del museo è rappresentato dalle sue collezioni archeologiche senza però trascurare la componente paleontologica ed etnografica relativa a questo territorio. Esse comprendono, oltre ai reperti archeologici, numerosi fossili che delineano la storia geologica dei monti Martani e una vasta gamma di oggetti e manufatti che raccontano la vita quotidiana, le tradizioni agricole, l’artigianato locale e gli usi delle comunità umbre nel corso dei secoli.
BORGO
Vicinissimo al tracciato dell’antica via consolare inaugurata da Caio Flaminio tra il 223 ed il 219 a.C., Montecchio acquistò una sua consistenza nel XII secolo, quando venne fortificato. Ricordata come “territorio Normandia”, probabilmente a causa del fatto che in questi territori, intorno all’XI secolo, si stanziarono proprio i Normanni, e ceduto a Spoleto nel 1247 dal cardinale Capocci, fu feudo di Giano fino al XIII secolo. Insieme a quest’ultimo si sottomise a Spoleto, prima di passare, nella seconda metà del XIV secolo, sotto i Trinci di Foligno.
Le mura di cinta del castello sono del XVI secolo. Sulla porta di accesso c’è un vecchio stemma di Spoleto (1), mentre uno stemma di Montecchio, di epoca più tarda, in cui figurano tre monti, si può notare sul palazzetto della Comunità (2). Nell’interno del Paese c’è la chiesa di San Bartolomeo nella cui facciata si apre un portale ad arco a due rincassi che conserva nella lunetta un interessante bassorilievo datato 1223, dove sono raffigurati vari personaggi e simboli iconografici che riconducono alla figura di Federico II di Svevia Imperatore (3,4). All’interno della chiesa si può ammirare un dipinto, del XVII secolo e raffigurante lo “Sposalizio della Vergine” (5). Sono presenti anche un bassorilievo (6) e un capitello (7), utilizzato come leggio, di epoca medievale.
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LA VILLA ROMANA
La maggior parte dei reperti archeologici conservati nel museo sono stati rinvenuti nella vicina Villa di Rufione. Una struttura risalente alla prima età imperiale. I primi indizi della villa, furono individuati in ricognizione nel 1999, ma già Romanelli parla del ritrovamento di un’iscrizione e un dolio in zona nel 1924. Dopo dieci campagne di scavo possiamo documentare l’esistenza di una villa d’impianto tardo repubblicano con uno sviluppo in epoca imperiale e con una continuità d’uso fino alla fine del II secolo d.C.. Si tratta di una testimonianza pregevole, tra le più importanti dell’epoca romana in Umbria, ricca di mosaici e affreschi, appartenenti ad una residenza romana di pregio (8).
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Villa indica sempre per i Romani un’abitazione situata fuori dalle mura cittadine. Ma il carattere inconfondibile della villa si riscontra, almeno nell’Italia centrale, nel particolare impiego che la distingue da simili fenomeni più tardi. Presupposto fondamentale della sua origine è la concentrazione delle proprietà fondiarie nelle mani di una classe sociale ristretta, che spesso dispone di latifondi grandissimi non concentrati in una sola località ma sparsi in zone lontane. Ai componenti di questa aristocrazia, in quanto partecipi degli organi direttivi di Roma, non è permesso dimorare nei loro possedimenti, ma sono tenuti a risiedere nell’Urbe, spesso a grande distanza dai luoghi di origine. Le ville sono dunque abitate solo per una parte dell’anno. Storicamente la villa trova quindi la sua peculiarità nel fatto che per il suo proprietario essa non è un luogo di piaceri campestri, ma un centro di intensa vita culturale, di otia artistici e letterari, qui più facilmente coltivabili che non a Roma.
Come spesso accadeva, i legionari a fine carriera ricevevano un documento che sanciva per legge la fine del servizio militare, veniva poi consegnata loro una indennità in denaro e, per i gradi più alti, un appezzamento di terra. Quest’ultimo potrebbe essere il caso di Rufione (fine I sec. a.C.), citato da Svetonio (De vita Caesarum 1.76). Dopo aver militato sotto le insegne di Cesare, gli viene assegnata la proprietà di un podere nel cuore della Regio VI, a ridosso della Via Flaminia, su cui, in seguito, edificherà la villa. Questo ricco proprietario mantenne molto probabilmente i suoi rapporti con la famiglia imperiale in epoca augustea, la cui protezione gli avrebbe permesso di sviluppare una comoda posizione economica.
La struttura ha una estensione di circa 8.000 mq e ha un aspetto tardo ellenistico con terrazzamenti e padiglioni destinati alle varie funzioni (9). Una prima fase è caratterizzata dall’esistenza di un grande ergastulum per ospitare la servitù, un larario (10) e un impianto termale. Quest’ultimo conserva il prefurnium (11). Due sono gli impianti termali in cui si conservano tubuli per convogliare aria calda e pilastrini della sottopavimentazione (12). Nel periodo flavio (fine I sec. d.c.) si assiste ad una completa ristrutturazione con ampliamento degli spazi produttivi e diminuzione di quelli residenziali. La frequentazione diminuisce nel III e IV sec. d.C. probabilmente riducendosi alla sola azienda di produzione per poi interrompersi definitivamente alla fine del IV sec. d.C. quando lo stesso Impero Romano d’occidente finisce e questo tratto della via Flaminia decade a favore di quello orientale.
MUSEO DIDATTICO
Periodicamente il MAPEM svolge visite guidate, laboratori e lezioni tematiche rivolte soprattutto ai ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado. Insegnare la storia attraverso la didattica dell’archeologia è lo scopo che anima il museo, che intende operare attivamente per diffondere la conoscenza del patrimonio storico e archeologico del territorio presso adulti e bambini.